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Gender Gap

Gender Gap

La recente assegnazione del Premio Nobel per le Scienze Economiche a Claudia Goldin per la ricerca sull'occupazione femminile ci offre l'occasione perfetta per riflettere su un tema cruciale: la disparità di genere in ambito lavorativo.

Gender Gap

La situazione

 

DJGendergap2Il Premio Nobel per le scienze economiche 2023, è stato assegnato a Claudia Goldin (Harvard University), per la sua ricerca sull’occupazione femminile, che ha contribuito a identificare le maggiori determinanti delle differenze di genere che si osservano ancora oggi nel mercato del lavoro di tutti i paesi del mondo.

Il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro, cioè la percentuale di donne che lavorano, è sistematicamente minore di quello degli uomini: in media, a livello mondiale, il tasso di partecipazione femminile è 50%, mentre quello degli uomini è 80%.

Quando le donne lavorano, guadagnano di meno: nei paesi OECD (Organizzazione Mondiale per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), la differenza del salario tra uomini e donne è pari al 13%.

Questa differenza rimane anche se confrontiamo uomini e donne simili, per esempio con la stessa età o lo stesso livello di istruzione.

Un’altra importante forma di differenza tra uomini e donne è quella che si osserva nella probabilità di raggiungere posizioni lavorative apicali all’interno delle aziende (sia pubbliche che private): questo fenomeno, definito come “soffitto di cristallo”, implica che per le donne sia più difficile avere una promozione o raggiungere posizioni lavorative maggiormente remunerate.

In Italia, il quadro è ancora più complesso. Secondo i dati dell'ISTAT, il tasso di occupazione femminile è del 49,4%, ben al di sotto della media europea del 67%.

Questa disparità è accentuata al sud e tra le donne con figli piccoli. Solo il 34% delle donne italiane con figli al di sotto dei sei anni è impiegato, rispetto al 74% degli uomini nella stessa situazione.

Le norme sociali e culturali giocano un ruolo significativo in questa disparità: il ruolo di supporto è infatti attribuito più spesso alla donna, vista principalmente come madre, responsabile delle attività casalinghe e familiari, limitando le loro opportunità di carriera. Questo atteggiamento conservatore e patriarcale è un ostacolo che dobbiamo superare per raggiungere una vera parità di genere.

La ricerca di Harvard

DJGendergap1Claudia Goldin, nella sua ricerca, ha analizzato la partecipazione delle donne al mercato del lavoro a partire dal XIX secolo negli Stati Uniti, e ha identificato le motivazioni principali delle differenze osservate in passato, e di quelle che rimangono ancora oggi, unendo due ambiti importanti della ricerca economica: l’economia del lavoro, finalizzata a spiegare le scelte di lavoro degli individui, e la storia economica.

Claudia Goldin sottolinea come l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro abbia rappresentato il cambiamento più significativo dell’ultimo secolo, e sostiene che le scelte lavorative delle donne abbiano giocato un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’economia del lavoro.

Tuttavia la crescita dell’occupazione femminile non va di pari passo con lo sviluppo economico.

Un importante fattore che ha frenato la convergenza dei tassi di occupazione tra donne e uomini riguarda le aspettative delle donne per le loro carriere future.

Le donne di inizio secolo lavoravano soltanto per pochi anni e cessavano di lavorare una volta sposate e non avevano nessun incentivo a investire nella loro istruzione. A partire dalla seconda metà del XX secolo, le norme sociali sono cambiate e le donne i cui figli erano ormai diventati grandi potevano rientrare nel mercato del lavoro, ma con opportunità lavorative scarse dovute agli scarsi investimenti in istruzione che avevano effettuato da giovani, plausibilmente basando le loro aspettative di carriera sull’esempio delle loro madri, spesso non occupate. 

Claudia Goldin mostra che tale disallineamento persiste per quasi tutto il secolo scorso, per cui le donne hanno sistematicamente sottovalutato le loro potenzialità di lavoro e carriera fino a tempi molto recenti.

DJGendergap3Sicuramente l’aumento della percentuale di donne con un’istruzione universitaria ha contribuito non soltanto a favorire la partecipazione al mercato del lavoro, ma soprattutto a modificare l’orizzonte temporale dell’attività lavorativa: se all’inizio del ‘900 le donne lavoravano principalmente in occupazioni scarsamente qualificate, a partire dalla metà del secolo la percentuale di donne con un livello di istruzione universitaria è aumentata notevolmente, e le donne hanno iniziato a lavorare anche in professioni più qualificate.

Ad oggi, in molti paesi ad alto reddito, la percentuale di donne con un titolo universitario è maggiore di quella degli uomini.

Nonostante questo, ancora oggi si osservano sostanziali differenze di genere sia nella partecipazione al mercato del lavoro che nei salari. 

La discriminazione di genere determina un trattamento diverso tra uomini e donne che non è motivato da caratteristiche legate alla loro produttività.

Uno studio che considera l'assunzione di musicisti professionisti nelle orchestre sinfoniche americane,  mostra che le donne hanno una probabilità maggiore di essere selezionate se le  le audizioni si svolgono al “buio”, con le/i candidate/i suonano dietro un paravento, confermando che lo svantaggio femminile spesso è dovuto ad un atteggiamento discriminatorio.

Le difficoltà non sono presenti solo per l’ingresso nel mondo del lavoro. Infatti se all’inizio della carriera il gap salariale è piccolo, poi lo vediamo aumentare con le interruzioni di carriera dovute alla nascita dei figli.

La maternità spiega quasi interamente le differenze remunerative tra uomini e donne nei paesi ad alto reddito, principalmente a causa del maggiore coinvolgimento delle donne nella cura dei figli.

In tutti i paesi ad alto reddito, infatti, si osserva che le donne hanno una probabilità maggiore degli uomini di lavorare part-time e di avere carriere lavorative intermittenti, cosa che incide negativamente sul loro reddito.

Con l’allungamento della vita e l’aumento conseguente delle patologie degenerative, la donna si trova più spesso coinvolta nel ruolo di caregiver degli anziani del nucleo familiare. 

Una importante implicazione degli studi di Goldin è che, in un contesto in cui il livello di istruzione delle donne è già elevato, come in Italia o in altri paesi ad alto reddito, le politiche educative non possono influire molto sulle scelte occupazionali delle donne, mentre potrebbero farlo politiche che riequilibrino i carichi di cura all’interno della famiglia.

Autonomia economica

DJGendergap4Per colmare il gender gap e favorire il raggiungimento dell’autonomia economica sono necessarie politiche pubbliche efficaci, programmi di formazione e servizi di assistenza all'infanzia di alta qualità possono fare la differenza.

Ma non basta: parafrasando JF Kennedy, inizia a chiederti cosa puoi fare tu per la tua autonomia economica, non aspettare che qualcun altro lo faccia per te.

Essere economicamente autonome non è solo una questione di equità, ma anche di empowerment. L'autonomia economica ci permette di avere un controllo maggiore sulle nostre vite, di prendere decisioni in modo più libero e di contribuire attivamente alla società.

È un passo fondamentale verso una vita più completa e soddisfacente.

L’autonomia economica può promuovere una maggiore fiducia in se stesse. Sentirsi più sicure delle proprie capacità e del proprio valore si riflette positivamente nella relazioni interpersonali.

Le donne che contribuiscono in modo significativo al reddito familiare potrebbero sentirsi meno inclini a svolgere un ruolo tradizionalmente assegnato alle donne nel contesto familiare. Questo può portare a una maggiore condivisione delle responsabilità tra i partner, contribuendo a una distribuzione più equa del lavoro non retribuito.

Trovare  un equilibrio tra il lavoro e la vita familiare può essere un compito impegnativo e possono emergere anche conflitti di potere all’interno della coppia, diventa quindi fondamentale saper dialogare attraverso una comunicazione aperta e una comprensione reciproca, all'interno delle coppie e del contesto familiare, per creare relazioni basate sull'equità e sul rispetto e per risolvere eventuali conflitti in modo costruttivo.

Se è necessario un cambiamento culturale che riequilibri i ruoli di genere e le aspettative sociali, possiamo far parte di quel cambiamento, cominciando con investire le nostre risorse per ottenerlo.

Come ha dimostrato la ricerca di Claudia Goldin, le aspettative di carriera delle donne hanno un impatto significativo sulla loro partecipazione al mercato del lavoro. Dobbiamo quindi iniziare a cambiare le nostre aspettative e quelle delle nuove generazioni. L'istruzione è un ottimo punto di partenza: investire in noi stesse significa investire nel nostro futuro.

Prendiamo ispirazione dalla ricerca di Claudia Goldin e dalle donne che hanno sfidato le convenzioni per iniziare a costruire o a riaffermare la propria carriere di successo. 

Ricordandoci che l'autonomia economica è non solo un diritto, ma anche un dovere verso noi stesse.

 

 

 

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